Maroni Presidente

giovedì 22 novembre 2012

Ripartiamo dalla Lombardia ! Fabrizio Cecchetti


A poco più di un anno di distanza dalla prima edizione di “LA LEGA IN REGIONE LOMBARDIA”,  molte cose sono cambiate. 
Dopo le dimissioni del Governo Berlusconi abbiamo scelto di non appoggiare il Governo Monti
Scelta che si è rivelata giusta e coerente perché l’Esecutivo dei Tecnici, appoggiato da PDL, PD e Terzo Polo, oltre ad aumentare a dismisura l’imposizione fiscale, ha compiuto un vero e proprio attacco alle autonomie locali. Mai Governo in 40 anni di regionalismo si era caratterizzato per essere così centralista e accentratore come quello attuale. 
Con il risultato di mettere a rischio l’erogazione di alcuni servizi importanti, come la sanità e il trasporto pubblico locale, e di aumentare quel senso  di “rapina” che i nostri cittadini e le nostre imprese vivono a causa di uno stato vorace, capace solo di chiedere tasse su tasse senza però restituire le giuste risorse che i territori hanno prodotto. 

Fabrizio Cecchetti con Roberto Maroni
Anche nel nostro Movimento i mesi passati non sono certo stati sereni. Per gli imperdonabili errori compiuti da pochi, la Lega è finita nel tritacarne mediatico. Si è creato un clima nel quale gli altri schieramenti soffiavano sul fuoco, speravano nella nostra fine politica nella speranza di ottenere il massimo vantaggio. Ma il disorientamento è durato poco perché la capacità di reazione è stata talmente forte e repentina che nel giro di poco tempo siamo riusciti a riemergere dal fango e dai sospetti: abbiamo rialzato la testa e siamo ripartiti, affrontando una stagione di Congressi che ha portato al rinnovamento di tutta la nostra classe dirigente. 
E oggi siamo ancora qui, forti come sempre e pronti ancora a battagliare per il Nord e la sua causa.  
E che la Lega sia forte e decisa più che mai lo dimostra anche quello che è capitato nelle scorse settimane in Regione, dove il nostro Gruppo dopo l’arresto dell’assessore alla Casa Zambetti, accusato di aver comprato i voti dalla ‘ndrangheta, ha deciso che ormai il tempo per il  Governo Formigoni era scaduto e che era necessario non solo azzerare la Giunta regionale ma chiamare anticipatamente i cittadini lombardi al voto.  
Non potevamo continuare a sostenere un esecutivo nel quale sedeva un assessore arrestato per rapporti con la malavita organizzata. La Lega che ha sempre fatto della legalità la sua bussola d’azione, come ha saputo dimostrare con  Roberto Maroni al Ministero degli Interni, non poteva dunque che staccare la spina a Formigoni e mandare tutti a casa. 
Da qui vogliamo ripartire. Con una proposta di governo regionale forte e autorevole, che faccia piazza pulita una volta per sempre di chi guarda alla politica e all’amministrazione pubblica perché referente di lobby o di gruppi di potere. Come ha detto Maroni, è ora di usare le scope anche in Regione. 
E’ finito il tempo delle liturgie e delle alchimie di bassa politica. 
E’ scoccata l’ora della lotta perché davanti a una crisi come quella che stiamo subendo la Lombardia e i lombardi pretendono risposte. 
E queste risposte devono arrivare! 

PRIMA IL NORD!   

  
PRIMA LA LOMBARDIA!                          Fabrizio Cecchetti

martedì 13 novembre 2012

Rom: Veniamo in Italia a rubare e deridervi mentre lo stato ci protegge

Preciso che questo è un articolo che NON ho scritto io.
L'ho trovato pubblicato da una persona su Facebook e sono rimasto così scioccato nel leggerlo che ho deciso di condividerlo con voi, sperando di aiutarne la diffusione e augurandomi di riuscire a farvi finalmente capire chi sono i rom e perchè è ora di smetterla di dargli l'elemosina !!
Parla una nomade fuggita da un campo e ospitata in una comunità protetta

La chiameremo Daniela. Il suo vero nome è quello che Daniela sta cercando di dimenticare, così come vuole dimenticare le sue radici e la sua appartenenza ad una famiglia di nomadi rom. Daniela si è ribellata, un giorno qualsiasi ha detto basta ed è scappata. Ha detto basta ad una vita di illegalità, di furti, di botte. Ha detto basta alla sua adolescenza comprata a 12 anni per 300 euro da un marito che l’ha stuprata la prima notte di nozze; basta ad una vita costretta nell’indigenza e in un paese che invece di cacciare chi gli ruba in casa lo protegge e lo tollera.
I rom hanno le loro leggi, nessuno può decidere di cambiare il proprio futuro senza il consenso dei capi, nessuno può scappare così e farla franca.
Daniela ci ha concesso in esclusiva una intervista, chiedendo di mantenere l’anonimato e ha deciso per la prima volta nella storia di un nomade rom, di raccontare cosa veramente accade in un campo di zingari, come la pensano sul nostro paese, cosa fanno, e il loro stile di vita.
Perché sei scappata, cosa ti ha spinto a ribellarti alle tue origini e a cambiare stile di vita?
«Sono nata in Romania e sono venuta in Italia con la mia famiglia, genitori e altre tre sorelle, che ero poco più di una bambina. Ci siamo insediati in un campo alle porte della città. Ho vissuto fino all’anno scorso nel terrore, nella violenza, nella sporcizia e nell’illegalità. Una notte ho deciso di farla finita e sono scappata perché volevo una vita normale, come quella di tutte le ragazze della mia età, anche se sono una zingara romena sono sempre una persona, e mi sono detta che avevo diritto ad avere una opportunità. L’Italia è un Paese bellissimo, ma sbagliate a dare asilo e a permettere a questi campi di sostare: gli zingari ridono di voi, dicono che siete un popolo di stupidi, che date soldi e permessi a chi vi ruba in casa e si fa portare via tutto senza protestare. Non capite che loro si sentono forti proprio della loro illegalità, del fatto che se li arrestate poi escono immediatamente, e che la loro forza sta proprio in uno Stato che li protegge invece di cacciarli. Se voi foste più rigidi con gli zingari forse ce ne sarebbero meno di ragazze come me».
Come si svolge la giornata in un campo nomade?
«La vita è dura e si deve lavorare tanto, anche se a voi sembra che non sia così. Prima mio padre e poi mio marito mi svegliavano alle cinque del mattino, sia che piovesse o che nevicasse. Poi bisogna andare a chiedere l’elemosina, a rubare, e portare soldi alla famiglia altrimenti sono botte. Io non ho mai rubato, non ne ero capace, e ogni giorno mi sgridavano perché ero una delle poche che portava pochissimo, al massimo una ventina di euro...»
Perché, gli altri quanto guadagnano?
Uno di noi, normale, non bravissimo, guadagna in media 100, 150 euro al giorno. Tra elemosina agli angoli della strada e nelle metropolitane, qualche furto, qualche segnalazione ai più grandi. Ma ci sono zingari che guadagnano molto di più. Ne ho conosciuto uno che ogni giorno portava in famiglia almeno 300 euro».
E i soldi a chi vanno? E dove finiscono?
Tutti i soldi li prendono i mariti o i padri se non si è sposati. Vengono immediatamente man- dati in Romania o dati ad altre famiglie a cui si deve del denaro. I soldi e la refurtiva non restano mai nel campo perché possono arrivare i carabinieri alle cinque del mattino. Quindi tutto, la mer- ce rubata, orologi, portafo- gli, gioielli e altro, deve sparire entro le quattro e mezza del mattino.
E poi questi soldi come vengono portati in Romania?
«Semplice, attraverso la frontiera. Ci sono sempre delle persone in frontiera che ci conoscono, che conoscono i nostri familiari e che li lasciano passare in cambio di denaro. Se certi giorni alla dogana non ci sono “amici”, si aspetta in macchina finché non arriva qualcuno che si conosce e a quel punto non ci sono rischi. Ma non è mai successo».
Ci sono altre persone che come te vorrebbero cambiare vita?
«No, in tutti questi anni non ho mai sentito nessuno che volesse scappare, perché essere zingari non è una scelta, ma una realtà. Una volta ho confidato ad una mia amica che non mi piaceva rubare e lei si è messa a ridere di me.»
Ma una volta finita la giornata cosa fate nel campo?
«In genere dopo le cinque del pomeriggio le donne non rubano più, tocca agli uomini andare in giro a fare colpi, rubare le macchine o magari svaligiare qualche casa; noi restiamo al campo a preparare la refurtiva da far partire in serata. Poi prepariamo la cena per la nostra famiglia e qualche volta capita che si mangi soli».
Chi decide i furti, i posti dove chiedere le elemosine?
È una struttura abbastanza chiara: il capofamiglia, il marito o il padre mandano i figli o la moglie in questo o in quell’angolo o in quale quartiere andare a chiedere soldi. Lo stesso vale per i furti. Il capofamiglia decide dove e come, in base alle segnalazioni e ai sopralluoghi di altri familiari. Nessuno può rifiutarsi e nessuno può decidere di fare qualcosa di testa propria. Durante la giornata bisogna rendere conto di quanto si è guadagnato e se è poco, per punizione, oltre alle botte, si rischia di saltare il pasto. Non è possibile mangiare quando si è in “servizio” e non si può instaurare con nessuno rapporti di amicizia».

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http://poterescientifico.giovani.it/diari/838303/veniamo_qui_per_rubare_e_lo_stato_ci_protegge.html